È questo l’ottavo Shoe Report, promosso da Assocalzaturifici Italiani e realizzato dalla società Ermeneia – Studi & Strategie di Sistema, che come di consueto fa il punto sull’andamento del settore nell’attuale ciclo economico: mettendo in luce – tra l’altro – il formarsi di tre tipologie di imprese come risultato dell’attraversamento della crisi, ma anche della capacità di reazione attiva rispetto ad essa da parte delle medesime. Lo sforzo di spostamento del sistema calzaturiero verso il prodotto medio-alto data ormai da lungo tempo e ha consentito di affrontare meglio la crisi attraverso l’export grazie al costante riconoscimento della qualità del prodotto calzaturiero italiano, che ha contribuito a compensare la lunga flessione del mercato interno. Anche se alcuni mercati (Russia e Paesi CSI in testa, sottoposti a tensioni derivanti dal prezzo del petrolio come dai provvedimenti di embargo) hanno cambiato di segno, penalizzando le aziende più esposte su queste aree a cui si aggiunge un certo ridimensionamento della capacità di spesa delle nuove classi medie dei Paesi emergenti che mandano di conseguenza qualche segnale in favore del prodotto sintetico e gomma rispetto a quello pelle e cuoio.
Ma con lo Shoe Report 2016 si è voluto anche sviluppare più ampiamente una parte monografica, dedicata quest’anno ai rapporti delle imprese calzaturiere con il sistema bancario e con quello finanziario. Il risultato è che gli imprenditori, pur riconoscendo qualche maggiore attenzione nei confronti dell’economia reale da parte delle banche, sottolineano come queste ultime tendano più facilmente ad offrire finanziamenti alle aziende che già vanno bene, ma stentino ad esporsi verso la seconda tipologia di imprese, quelle che – pur non essendo consolidate e dinamiche – presentano buone potenzialità e buoni progetti, anche se non risultano abbastanza capitalizzate o con un cash flow abbondante.
Mentre, sotto il profilo finanziario, si è davanti ad un duplice atteggiamento imprenditoriale: da un lato si ha consapevolezza dei vantaggi derivanti dall’ingresso di possibili investitori esterni nel capitale dell’azienda e dall’altro si è assai prudenti sotto il profilo dei comportamenti conseguenti. Anche se una certa apertura esiste, da parte soprattutto delle aziende grandi e medie, ma anche da quelle particolarmente impegnate nelle operazioni di riposizionamento/ristrutturazione e portatrici di progetti di sviluppo.