Il sistema ospedaliero italiano (cui afferiscono 60,5 miliardi di euro di spesa pubblica e in cui operano 650 mila addetti complessivi) è stato messo sotto osservazione anche quest’anno attraverso il 13° Rapporto “Ospedali & Salute”.
Il presidio interpretativo 2015 resta stabilmente ancorato a due punti di vista: quello di far dialogare la sanità “reale” (costituita da pazienti, cittadini e dipendenti) con la sanità “finanziaria” (attenta ai livelli di spesa e all’efficienza di funzionamento) e quello di garantire un migliore equilibrio del sistema misto pubblico/privato, previsto dal D.Lgs 592 del 1992 e peraltro percepito ed utilizzato come tale da utenti e cittadini.
In questo quadro si è posto l’accento innanzitutto sulla percezione del progressivo logoramento dei servizi ospedalieri pubblici e del Sistema Sanitario Nazionale nel suo insieme, a cui cittadini, utenti e care-giver hanno risposto con un’accresciuta tendenza a valutare preventivamente le alternative e a comportarsi di conseguenza. Inoltre i care-giver sottolineano esplicitamente l’esigenza di un ripensamento delle funzioni, dell’organizzazione e del rapporto tra costi, finanziamento e servizi offerti dal Servizio Sanitario Nazionale.
Successivamente si è affrontato un tema tipico da sanità “finanziaria”: quello della presenza di possibili inefficienze da recuperare e quello della non sufficiente trasparenza dei bilanci. A tale scopo sono stati affrontati il tema dei sovracosti, l’ammontare e la collocazione contabile degli ammortamenti, la dimensione (esplicita ed implicita) degli oneri di personale, analizzati attraverso i Conti Economici 2014 di tutte le Aziende Ospedaliere italiane. Lo scopo è sempre quello di procedere lungo la strada di un possibile recupero di risorse e di un (auspicabile) confronto sul piano dell’efficienza, della trasparenza dei bilanci e del tipo di riconoscimento economico riservato alle strutture pubbliche e alle strutture private accreditate.
Dall’insieme dei dati emerge come il sistema ospedaliero pubblico abbia bisogno di affrontare una profonda revisione, non rimandando l’onere di ristrutturazione e di riorganizzazione che gli compete, tanto più che esso utilizza l’86% delle risorse economiche pubbliche per l’ospedalità contro il 14% della componente privata accreditata, la quale continua a fornire peraltro il 27% delle giornate di degenza complessiva.