Un’onda di inquietudini si muove dentro il corpo sociale del nostro Paese, malgrado la ripresa del ciclo economico e le previsioni positive per il futuro; malgrado il miglioramento dei conti pubblici e il minimo storico raggiunto dall’inflazione.
E persino nonostante l’ammissione ufficiale dell’Italia alla moneta unica. Anzi proprio quest’ultimo avvenimento apre la strada a preoccupazioni ulteriori, poiché – come spesso ci viene ricordato – gli esami veri cominciano adesso, quando dai parametri economico-finanziari si deve passare ad essere efficienti sul piano dell’economia reale e dei comportamenti della pubblica amministrazione, delle imprese, delle famiglie.
Ma allora quanto e come dovremo ancora cambiare il nostro modo di produrre, di lavorare, di risparmiare, di investire, di pagare le pensioni? E soprattutto quanto perderemo e quanto guadagneremo alla fine del percorso? E saremo noi o le generazioni successive a trarre reale vantaggio dai faticosi cambiamenti che peraltro abbiamo già intrapreso da tempo, ma che non sono ancora pienamente compiuti?
Il testo costituisce innanzitutto una sorta di “sociologia dall’interno” nei confronti dei timori, delle ansie e delle inquietudini con le quali viviamo la nostra vita quotidiana. Ma è anche e soprattutto una sorta di finestra sul mondo che possiamo ancora conquistare, solo che facciamo esercizio per reimparare tutti (popolo e classe dirigente insieme) quello che ci siamo dimenticati: e cioè ad intraprendere quelle mutazioni che di tanto in tanto nella storia le grandi dinamiche mondiali ci richiedono, rompendo la continuità degli equilibri precedenti.
Dobbiamo dare al Paese un “Sillabario della Maturità”, per affrontare i modi nuovi e diversi di fare azienda, consumo, risparmio, previdenza. E’ necessario interpretare le nostre ansie per poterle dominare, ma soprattutto per imparare ad investire, e non a subire, i nostri timori in funzione di un futuro da inventare di nuovo.
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