Il Rapporto “Generare Classe Dirigente”, promosso dall’Università LUISS Guido Carli e da Fondirigenti attraverso l’Associazione Management Club, è giunto alla sua settima edizione, continuando a presidiare, anno per anno, un duplice aspetto: quello della debolezza delle élite (da superare), che si manifesta in ogni ambito e ad ogni livello e certo non solo nella politica, nonché quello della necessità di trovare una saldatura virtuosa tra Rappresentati e Rappresentanti. Il percorso sin qui compiuto ha messo dunque in rilievo il progressivo impoverimento della classe dirigente ma anche le somiglianze esistenti tra popolazione ed élite, la profonda mutazione imposta dalla crisi, ma anche il disorientamento davanti a quest’ultima da parte delle classi dirigenti dei Paesi europei (e non solo del nostro), la parallela debolezza delle élite locali dei nostri territori ma anche la necessità di assumere una logica di governement e di governance pienamente europea e non più solo nazionale.
Nel Rapporto 2013 si è posta particolare attenzione su due fenomeni: quello dello scivolamento progressivo della sovranità verso l’alto, peraltro sollecitato dalle politiche europee convergenti sul rigore, e quello della necessità di recuperare sovranità in basso nei territori, dove si declinano in concreto le dinamiche della crescita e le responsabilità delle élite diffuse.
Ha vinto perciò nel corso del 2012 una logica di forte verticalizzazione, senza una parallela capacità di trasmettere segnali adeguati al mondo orizzontale delle imprese, dei cittadini, dei territori, delle istituzioni locali: lo spreaddei tassi si è abbassato, ma lo spread della sintonia complessiva col Paese non si è alzato come sarebbe stato altrettanto necessario.
I primi segnali di attenzione verso l’economia reale, apparsi a fine dello scorso anno e via via rafforzatisi nei primi mesi del 2013, a cui si aggiunge l’impatto dei risultati delle ultime elezioni, impongono a tutti i soggetti della rappresentanza di adottare un doppio sguardo, quello che si rivolge “in alto” e quello che, parallelamente, si rivolge “in basso”: con ciò interpretando un’equilibrata modalità di esercizio del proprio ruolo che deve agganciare e sostenere le dinamiche in basso, per rappresentarle successivamente in alto, presso tutti i livelli necessari siano essi nazionali, europei o mondiali.
Di qui l’articolazione del Rapporto 2013 che nel Capitolo primo approfondisce l’esigenza di un doppio presidio, verticale ed orizzontale, in termini di government come pure di governance, mentre nel secondo Capitolo approfondisce il tema della produttività e della competitività d’impresa, in una logica allargata di territorio, su cui si gioca la responsabilità degli attori politico-istituzionali quanto quella degli attori economici e sociali che presidiano quest’ultimo. Il terzo Capitolo dà conto invece di un’indagine condotta ad hoc sulle opinioni, gli atteggiamenti, le sensazioni e i comportamenti della classi dirigenti locali in alcuni specifici territori italiani. Lo scopo era quello di comprendere se esista o meno una nuova spinta verso lo sviluppo, ponendo a confronto i risultati di un’analoga ricerca effettuata per il Rapporto 2011. Mentre nel successivo Capitolo si riportano alcuni studi del caso, riferiti ad altrettanti territori in cui sono state avviate delle vere e proprie “Alleanze per lo Sviluppo”, attraverso le quali si è manifestato un esercizio di sovranità dal basso pienamente inteso. Infine nell’ultimo Capitolo vengono descritte alcune esperienze significative riguardanti i giovani e il loro sforzo di farsi classe dirigente grazie a progetti specifici, realizzati a loro volta in singoli territori, e in grado di valorizzare le loro competenze, stimolandone il relativo potenziale creativo.
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