Il Rapporto, promosso da Fondirigenti e dall’Università LUISS – Guido Carli, ha analizzato negli anni precedenti le debolezze delle élite e il relativo impoverimento dei processi di formazione, selezione e ricambio. Negli ultimi due anni si è approfondito in particolare il tema della sovranità che tende a spostarsi inevitabilmente “in alto”, sotto la pressione dei problemi e dei centri di influenza che vanno ben al di là delle dimensioni nazionali: col rischio però di perdere il contatto con ciò che avviene “in basso”, nell’economia e nella società reale, dove peraltro la classe dirigente dei territori deve dare la sua parte di risposte alla crisi e inventarsi la crescita di cui tanto si parla.
Con il presente Rapporto si è voluto adottare una prospettiva diversa, passando dall’analisi sulla classe dirigente all’analisi di un problema specifico da classe dirigente. L’argomento scelto, il passaggio alla vita attiva dei giovani, non costituisce un tema nuovo né tanto meno facile da trattare: esso è infatti “antico” – nel senso che se ne discute da tanto, troppo tempo in Italia e in Europa – e pur tuttavia “attualissimo” per la situazione di oggettivo, aggravato disagio che vive una generazione.
Si è perciò deciso di compiere due operazioni: quella di una certa semplificazione nell’analisi, scegliendo quattro paradigmi interpretativi tra i tanti possibili (due educativi e due orientati all’inserimento nella vita di lavoro) e quella di utilizzare un pensiero “rovesciato” rispetto al mainstream. Lo sforzo è stato quello di fare un po’ di pulizia del nostro modo di pensare, tenendo presente che in molti casi non serve “il di più” quanto piuttosto “il di meno” (ma meglio):non serve aggiungere più anni alla formazione, finendo col prolungare – come è avvenuto – i percorsi di studio, bensì servono meno anni di formazione, in cui però si raggiunga un apprendimento “appropriato” e non “rimandato” ai cicli successivi;
non basta porre al centro il tema della “valutazione” se non si rinforza in parallelo quello della “motivazione” degli studenti, senza la quale ci resta da valutare solo il disamore per la scuola dei giovani e la stanchezza dei docenti;
non serve aggiungere sempre nuove iniziative “fai da te” (talvolta anche di buon livello), nell’ambito dei rapporti formazione/lavoro quanto piuttosto serve costruire un vero e proprio “sistema di giunzioni” che abbia una sua logica interna, con personale, risorse e carriere (come da sempre avviene, ad esempio, in Germania);
di conseguenza non serve un di più di soggetti istituzionali, di risorse, di competenze che giochino sul proscenio del passaggio al lavoro dei giovani, contribuendo a rendere più complesso il labirinto all’interno del quale è difficile per gli stessi giovani e per le loro famiglie trovare una buona via d’uscita, quanto piuttosto serve ridurre la complessità e predisporre il sistema di giunzioni appena ricordato.
Il Rapporto ha voluto perciò scendere nel Paese reale, usando gli occhiali di quattro paradigmi: con un’indagine ad hoc su studenti, docenti e genitori, con un’analisi semantica delle “conversazioni” sui social media, con un confronto seminariale e di interpretazione dell’opinione pubblica, riferiti a tre Paesi europei (Francia, Germania, Regno Unito) e con una rilettura del disagio dei giovani in Italia e in Europa.
Si è poi proceduto ad affrontare il tema del Rapporto senza un riferimento esplicito ad ipotesi preventive di tipo semplificatorio bensì lasciando più libertà di approccio da un lato, ma esplorando anche una strada parallela più strutturata e con una visione di medio periodo, dall’altro. Si è anche costruita a tale proposito una simulazione degli effetti di una possibile revisione della scuola secondaria, letta nelle sue potenziali conseguenze positive per lo sviluppo del Paese.
È interessante rilevare come si sia pervenuti alla fine ad una convergenza significativa di temi e di proposte tra Parte prima e Parte seconda, che ribadiscono l’esigenza, per le diverse classi dirigenti, di ripensare con un po’ di freschezza di pensiero e di sguardo lungo il tema del passaggio alla vita attiva delle giovani generazioni, senza timori di lasciare il terreno (troppo) cono