Il Rapporto “Generare Classe Dirigente/2015”, promosso da Fondirigenti e dall’Università LUISS – Guido Carli, si è occupato nelle sue prime sette edizioni dell’indebolimento delle élite, a seguito del progressivo impoverimento dei meccanismi di formazione, selezione e ricambio delle medesime.
Con l’ottava edizione (2014) e con quella di quest’anno si è adottata una prospettiva diversa, passando dall’analisisulle classi dirigenti all’analisi di un problema da classi dirigenti.
In entrambi gli anni si è voluto mettere al centro il tema dei giovani, affrontando il loro percorso (non facile) di ingresso nella vita adulta.
Nel 2014 si è affrontato il tema di una formazione che sappia ritornare alla centralità dell’apprendimento e della motivazione dei giovani (al di là delle tante, possibili riorganizzazioni dei canali e di una stabilizzazione del personale docente), nonché il tema della creazione di un “sistema di giunzioni” tra formazione e lavoro che superi la frammentazione attuale e il “fai da te” che è cresciuto in questi ultimi due decenni.
Mentre nel 2015 si è affrontato il tema dell’associazionismo giovanile quale strumento di sostegno di una relazionalità “reale” (tra i giovani e tra i giovani e il mondo adulto) che corre il rischio di perdersi nei flussi della realtà “virtuale” che fa capo ad Internet e ai social network.
Si tratta di tre aspetti essenziali della socializzazione dei giovani: quello decisamente strutturato della scuola e quello altrettanto strutturato del lavoro, a cui si è aggiunge l’ambito semistrutturato dell’associazionismo.
Con riferimento al Rapporto 2015 si prende dunque in considerazione la capacità o la mancata capacità di sviluppare buone relazioni “reali” che costituiscono parte determinante delle cosiddette life skills, le quali occupano una posizione centrale ai fini dell’inserimento non solo nel lavoro ma più in generale nella vita adulta. E per far questo sono state utilizzate una serie di analisi parallele, raccolte rispettivamente: in una Prima parte del testo, nella quale si riportano i risultati di un’indagine “incrociata” su due campioni rappresentativi nazionali, rispettivamente di giovani dai 16 ai 34 anni e di genitori, sul tema dell’associazionismo, nonché si provvede ad interpretare l’insieme delle “conversazioni” degli stessi protagonisti sui social media e a valutare il modo con il quale la stampa italiana affronta il tema dell’associazionismo giovanile; e in una Seconda parte del testo, nella quale si prendono in esame le politiche (poche) di sostegno dell’associazionismo suddetto a livello nazionale e a livello regionale, nel quale tali politiche risultano forse più numerose ma anche frammentate e ripetitive più che lucidamente ricondotte ad una logica strategica che sappia affrontare con coerenza la terza gamba della socializzazione dei giovani (quella associativa) rispetto alle altre due (la formazione e l’inserimento lavorativo): il tutto completato da una serie di interviste alla classe dirigente sul tema trattato.
L’impatto della crisi e soprattutto la sua interpretazione in chiave di pensiero unico economico-finanziario, centrato sull’austerità, sembra (forse) avere esaurito la sua forza. Oggi ci si trova perciò a dover affrontare seriamente il dopo: quello dello sviluppo e non solo quello della crescita. Per questo serve una strategia che riporti al centro la coesione sociale insieme alla crescita economica, senza però ritornare ad un neostatalismo assistenziale ormai fuori tempo ed anzi rinvigorendo l’orientamento verso una solidarietà responsabile che sia in grado di ricostruire un “ciclo del NOI” dinamico e condiviso, dopo l’esaurimento di un “ciclo dell’IO” spinto all’eccesso che ha esaurito la sua portata innovativa iniziata due decenni fa.
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