L’esigenza di presidiare la realtà dell’artigianato trova riferimento ad un tempo nelle dimensioni del settore (14 mila aziende e 37 mila addetti complessivi), nella sua dimensione “molecolare” e diffusa sul territorio, nella capacità di coltivare nuova imprenditorialità oltre che di generare occupazione, reddito e coesione sociale.
Eppure l’artigianato soffre ancora oggi di una divaricazione evidente tra realtà e immagine presso l’opinione pubblica, ma anche presso molti operatori.
È facile infatti considerarlo “schiacciato” sui mestieri tradizionali, sulle debolezze della piccola dimensione e sull’individualismo imprenditoriale spinto. Mentre la “forza quieta” del settore comprende al suo interno significative trasformazioni già avvenute e molto altre in corso, sul piano dei comparti oggi in sviluppo, del consolidamento giuridico e organizzativo delle aziende, delle alleanze tra imprese.
Naturalmente bisogna saper interpretare le tante anime dell’artigianato, visto che le imprese, per condizioni oggettive e soggettive, tendono ad una significativa differenziazione tra loro, attraversando fasi di vita diverse, con esigenze e scommesse altrettanto diverse.
Per questo si è voluto quest’anno misurare da un lato il fenomeno della polarizzazione delle aziende, a seconda del loro slancio competitivo e dall’altro analizzare il livello di cultura economico-finanziaria e la propensione a sviluppare alleanze da parte dell’imprenditore artigiano.
Inoltre si è dedicato un apposito capitolo alla presenza sul mercato estero da parte delle imprese, attraverso un’analisi condotta direttamente dalla CCIAA di Trento.
Il patrimonio rappresentato dal settore ha bisogno di essere accompagnato nelle trasformazioni rese necessarie da un ciclo economico e competitivo molto più esigente rispetto al passato, in cui c’è tuttavia ancora posto per il “piccolo” che vuole giocarsi ancora il proprio futuro.
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